Marcello Fois | Due poesie da “L’infinito non finire”

"L'infinito non finire" è il secondo libro di poesie di Marcello Fois. L'autore parte dalla terra e torna alla terra, scava fino alle origini recuperando un altro tempo: quello, appunto, corale. Non è solo narrazione storica o mitica, ma sentimentale primigenia. Qui la lettura da parte dell'autore di un estratto.


Con L’infinito non finire (Einaudi, 2018), Marcello Fois indaga e (perché no?) racconta in poesia i cicli e i ricicli, la sopravvivenza e la sparizione dei modelli di vita, evocando sullo sfondo di un panorama del tutto umano cori di voci fuori dal tempo, originali. La voce del poeta si fa forte di una narrazione universale e però non rinuncia a farsi sentire distintamente, laddove aumenta la risonanza delle contraddizioni, degli ossimori, dei paradossi che accompagnano la vita e non riescono a esaurirsi nemmeno nella morte. Importante sottolineare come le origini sarde dell’autore giochino un ruolo fondamentale nell’intera opera, che vede proprio nella Sardegna il suo punto di inizio. Nonostante il legame viscerale dell’autore con la propria terra, in questa silloge non si fatica a spostare il discorso su un piano però del tutto diverso, in cui il sentimento di appartenenza e le proprie origini vengono poste dialetticamente a confronto, secondo la categoria di “affetto critico”, utilizzata dallo stesso scrittore.


Riportiamo qui un estratto dell’intervista allo scrittore, realizzata questo settembre al festival della letteratura di Mantova e pubblicata sull’online magazine Midnight

Marcello Fois: É vero. Penso di aver coltivato nel tempo un legame con la mia origine, che è un rapporto di affetto critico. Un grande affetto critico. Credo che il sistema migliore per avere un contatto corretto con gli affetti di cui ci circondiamo sia quello di riuscire a concepire, oltre al bello, anche i difetti di ciò che ami: è troppo facile amare cose perfette per la nostra misura.

Marcello Fois parte dalla terra e torna alla terra, scava fino alle origini recuperando un altro tempo: quello, appunto, corale. Non solo è narrazione storica, poi mitica, ma anche sentimentale e primigenia. Le due poesie che potete ascoltare, Congedo e Carne cruda e mentuccia sono state lette per noi dall’autore e ben sintetizzano alcuni tratti di quanto detto, lasciando emergere – in maniera significativa – anche lo stile della  parola  del poeta. Presentiamo le registrazioni insieme ai testi, che potrete trovare appena più sotto.




Congedo

Parti da te, figlio… da quello che sei.
Bisogna morire per imparare?
Mi chiedi.
Sì, figlio, per imparare qualcosa deve morire.
Tu non lo sai e non devi saperlo,
ma il cuore, con l’età, si restringe.
Non è più tanto capiente, immenso,
come all’inizio dei giorni.
Tra non molto gli abbandoni conteranno anch’essi.
Ma ora il tuo cuore è una piazza sconfinata,
e ti fa credere che sopravviverai
senza dover rinunciare a niente,
capirai, col tempo, quanto sia difficile trattenere
ogni cosa, ogni pensiero, ogni persona…
Sei nell’euforia di tutti gli inizi.
Qualcuno dovrà morire perché tu viva.

Domani, quando chiamerai, io non ci sarò,
ma solo perché tu possa esserci,
quando chiameranno te.


*

Carne cruda e mentuccia

E se il primo uomo nemmeno fosse uomo?
Non come lo pensi, certo non bestia,
ma ancora bipede,
non ancora infinito?

C'è la leggenda che lo racconta fatto goffamente
da divinità non ancora abbastanza esperte,
semplice ammasso di argilla e sputo.
Ecco, quell'uomo ancora non si regge,
potresti confonderlo con altre bestie.
Il suo corpo ha capito quanto la sua mente
non ha elaborato.
Per questo è lanuto come un caprone, forse piumato,
e persino palmato, come i pesci dell'oceano, dove ancora
galleggiano i continenti.

Se quell'uomo è arrivato alla mobilità
vuol dire che ha già capito.
Vuol dire che è stato partorito

e lo so mi chiederai da chi.
E so che se dirò: da una madre,
tu chiederai: da quale madre?
All'infinito.

Certo, insegnarti è far frattaglie,
disattendere la tua logica suprema,
perchè il tuo privilegio, figlio, è d'essere logico,
conseguente in tutto,
ma la mia maledizione è di fendere col coltello
il ventre molle delle tue certezze.

[...]

da L’infinito non finire (Einaudi, 2018)

Marcello Fois

Marcello Fois

Marcello Fois, scrittore, vive a Bologna da molti anni. Laureato in Italianistica, è un autore prolifico, non solo in ambito letterario, ma anche nel campo teatrale, radiofonico e della fiction televisiva. Esordisce nel 1992 con il romanzo Picta, vincitore del Premio Italo Calvino, e Ferro recente. A questi sono seguiti numerosi altri libri (e altri premi), tra cui Nulla (Il Maestrale, 1997, Premio Dessì), Sempre caro (Il Maestrale - Frassinelli 1998, poi ripubblicato da Einaudi nel 2009), Dura madre (Einaudi, 2001), Memoria del vuoto (Einaudi, 2007, Premio Super Grinzane Cavour, premio Volponi e premio Alassio), Nel tempo di mezzo (Einaudi 2012, finalista al Premio Strega e al Premio Campiello), Quasi Grazia (Einaudi 2016). Del 2006 è la raccolta di poesie L'ultima volta che sono rinato. Come sceneggiatore ha lavorato alle serie televisive Distretto di polizia e Crimini, e ad alcuni film, tra cui ricordiamo Ilaria Alpi (regia di Ferdinando Vicentini Orgnani, 2003).
Con Giulio Angioni e Giorgio Todde è fra i fondatori del festival letterario L'isola delle storie di Gavoi.

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Su “Testimoni” di Emanuele Franceschetti (pref. Massimo Gezzi, XV Quaderno)

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