in copertina: Umberto Piersanti (foto di Dino Ignani)
1. Tra i libri usciti nel primo ventennio degli anni 2000, ne trovi almeno 5 che per te siano fondamentali?
Diversi sono i libri importanti come,ad esempio “ Historie” di Antonella Anedda. Un libro,a mio parere fondamentale, è “Biografia sommaria” di Milo De Angelis. Tra i libri importanti mi sento di mettere la mia raccolta “L’albero delle nebbie”.
2. Se incontro un poeta, possibilmente, non lo riconosco subito. C’è un modo per riconoscere un poeta? Nella tua esperienza, il fatto di scrivere poesia si riflette nella vita quotidiana?
Certo non è l’aspetto un elemento fondamentale. Posso avere un viso intenso e sofferto, i capelli lunghi, gli occhi accesi e, magari solo gioco a fare il poeta. Montale aveva l’aspetto di un ragioniere o di un commerciante, ma era un grandissimo poeta. Bisogna parlare con qualcuno per individuarne la natura di poeta: non tanto per la complessità di ragionamento che varie volte nei poeti manca, ma per le sue capacità intuitive, emotive o, al limite, visionarie. Io, però, penso di essere un poeta che sa usare la ragione quando analizzo cronache e storia.
3. Come è il tuo rapporto, in quanto autore, con i lettori e con i colleghi? Senti di fare parte di una comunità, a cui aderisci?
Non voglio ricercare il consenso dei lettori, ma la loro stima e la loro empatia sì. Naturalmente mi sento parte di una comunità che ha fatto della poesia una scommessa di vita.
4. Ci sono delle tradizioni poetiche in altra lingua, che conosci o ti affascinano particolarmente?
Carlo Bo e Oreste Magrì hanno tradotto magnificamente Lorca e altri autori. Molto belle le traduzioni dell’Iliade e dell’Odissea ad opera della Calzecchi Onesti.
5. Nel tuo processo di scrittura, ti capita di raccogliere stimoli da altre forme artistiche o da discipline scientifiche?
Il cinema ha avuto una parte importante nella mia formazione: non a caso una mia raccolta si chiama “Passaggio di sequenza”. In particolare sono stati importanti il cinema degli anni ’60 da Bergman a Malle ad Antonioni, ai film dell’Europa orientale. Sono autore anche di un film,”L’età breve”(1969) e di tre film poemi:”Sulle Cesane”(1982) , “Un’altra estate” e “Ritorno d’autunno” (1988). Anche la pittura, in particolare Raffaello e altri autori rinascimentali, mi hanno spinto a cercare quell’armonia che si ottiene solo attraversando ostacoli e dolori.
6. Che rapporto hai con la rima?
Non ho mai scritto volutamente poesie in rima: ma amando molto la tradizione lirica italiana, e il”canto”, talora ho avvertito una spontanea necessità di usarla.
7. Ci sono 3 poeti delle nuove generazioni che ritieni particolarmente preminenti e/o a cui pensi sarebbe interessante porre queste domande?
Non conosco molto bene i poeti tra i trenta e i quarant’anni. Ritengo che prima di quell’età si tratta il più delle volte di casi giornalistici. Su un poeta giovane mi sento di investire: Riccardo Canaletti, fresco vincitore del Premio Pordenonelegge poesia 2020.
Primi di settembre
si è fatto raro
e incerto, il canto
assordante delle cicale,
canto cupo
e ossessivo nell’estate
che di veleni ci cerchia
e ci minaccia,
e più non si prolunga
nella notte, oscurando
ogni voce e fremito
che da sotto la terra
sale o trema
e vibra tra le foglie,
adesso è la musica tenue
dei grilli, musica
che i bei campi d’erba spagna
ancora azzurri per la morbida
luna che li inonda,
percorre e illumina
e almeno un poco
ci consola
ma presto arriva il gelo
che quella voce stronca,
tacciono i grilli nelle oscure
tane sprofondati,
si fa muta la terra
in questa lunga attesa
del risveglio
settembre 2020
Nota 1: nella parlata urbinate l’erba spagna è l’erba medica
*
Viola d’inverno
no, non tra le acque limpide,
le fredde erbe dei fossi,
ma qui, su questo greppo
scorticato da cancelli
e luci lattiginose
di lampioni nella strada sotto,
Natale se n’è andato
da un giorno solo,
un altro, intero anno
ormai trascorso,
la nebbia che si dirada
a tratti per un chiarore
tremulo e celeste,
scopre una viola
pallida e stupita
così fuori stagione,
d’ogni senso,
tra muschio lucente
e malva spenta
no, non metterla
nel presepio,
tra le brecce
bianche, i frutti rossi
di pungitopo, gli stecchi
secchi del dicembre
che bruciano nei forni
o sopra i monti,
non turbare l’inverno
che quella grotta tiepida
di fiati e paglia
illumina e riscalda
in questo stesso greppo
stento e scorticato,
un cespo di ciclamini,
il più tenace,
riluceva nel gelo
fino a dicembre
questa terra squallida
e contorta, profanata
dagli uomini e dai cani,
due fiori l’hanno scelta,
così segreti
ed appartati,
caso o necessità
non c’è risposta
in un tempo remoto
che la memoria cede
sempre al sogno,
fino qui scendeva
della prima casa
– Villa Gloria di vetri
colorati, di balconi –
quell’orto solo
e immenso,
col padre tra le canne
dei fagioli, le rose
e l’insalata
attorno al pozzo,
lo cerchia dell’infanzia
il vasto cielo
ma tra l’erbe inzuppate
d’acqua nera
più non scorgi la viola
il giorno dopo
e nella casa antica
sotto il fosso
quei morti appena nati
color seppia,
dal limbo che minaccia
li protegge
i cuori e gli altri segni
alle pareti
che senso ha la vita
per chi nella vita dimora
un solo istante?
la fatica del nascere
a che serve?
nata fuori stagione,
subito spenta,
questa viola d’inverno
mi rallegra,
la primavera cova
sotto il gelo
per quelli nati
e morti alle pareti
nessun annuncio c’è
di primavera,
ma il dono della nascita
permane
Dicembre 2009
Umberto Piersanti